Ci ho pensato a lungo. Non capivo perché una persona seria e competente come Alessandra Todde abbia detto no alle primarie anche quando, mesi fa, molti pensavano che potesse vincerle. Qualcosa non tornava.
Todde e le elezioni sarde
Forse il mio problema era che ragionavo con l’idea che tutti gli attori in campo — Todde, Comandini, le correnti del Pd, Conte e i 5s — avessero come unico obiettivo quello di vincere le elezioni regionali del febbraio 2024.
Fosse così, le primarie sarebbero state la soluzione ovvia, l’unica capace di risolvere il problema di candidature alternative dentro la stessa area politica.
Certo, Todde rischiava di perderle. Ma se vincere le elezioni è l’unica priorità, valeva la pena correre quel rischio: si sarebbe ottenuta l’unità della coalizione e aumentato di molto le probabilità di sconfiggere la destra più disastrosa degli ultimi decenni.
Insomma, per capirci qualcosa bisogna mettere in dubbio l’idea che nella coalizione tutti vogliano vincere le elezioni a qualunque costo. Forse c’è altro. Vediamo.
Conte e la politica italiana
Per capire il rifiuto delle primarie conviene collocare la vicenda sarda nello scenario nazionale.
Per Elly Schlein non c’è alternativa. O vince o rischia l’effetto “Veltroni 2009”. Ma per Giuseppe Conte? Qui non ho certezze, ma posso fare ipotesi.
Quando Conte sale nei sondaggi lo fa a spese del Pd. 5s e Pd hanno una fetta di elettorato in comune e competono per portarla ognuno dalla propria parte. Dunque sono concorrenti.
Ma nella visione di Schlein e Conte sono anche obbligati a cooperare. In questa complessa situazione, il gioco, che vediamo svolgersi ogni giorno nelle cronache politiche nazionali, è cercare di guadagnare il ruolo di chi detta le condizioni e la linea all’intera coalizione.
In questo quadro più ampio, diventa possibile immaginare che Conte abbia non uno ma due obiettivi. Il primo è governare la Sardegna, certo; ma un secondo obiettivo potrebbe essere quello di sfruttare le elezioni sarde per guadagnare punti rispetto al Pd nello scenario nazionale.
Conte può vincere anche se perde. E in più, sarà facile scaricare la responsabilità di una eventuale sconfitta su un Pd diviso, incapace di mettere ordine al suo interno
Quando si hanno due obiettivi è importante capire se possono essere raggiunti entrambi o se invece si è costretti a sceglierne uno.
Per vincere le elezioni vincendo contemporaneamente sul Pd, le condizioni, per i 5s, avrebbero richiesto che (a) Todde fosse la candidata Presidente e (b) lo fosse in via esclusiva, senza candidature alternative nella stessa area politica.
La scelta di Soru ha complicato il quadro. Per ottenere la condizione (b) l’unica possibilità era accettare le primarie. Ma era una scelta rischiosa. Le avesse vinte Soru, il Pd avrebbe ricompattato un elettorato altrimenti diviso tra due candidati, e i 5s, senza il proprio candidato presidente a fare da traino, avrebbero rischiato un risultato molto deludente.
Così, passare dalle primarie avrebbe rischiato di rendere irraggiungibile un risultato importante per le ambizioni di Conte (descritte benissimo da Stefano Folli qui): dimostrarsi elettoralmente superiore al Pd, ottenere in Sardegna una moneta preziosa da spendere a Roma.
Vincere anche perdendo
In questo quadro, tutto diventa più comprensibile. Il no alle primarie dei 5s riflette una scelta chiara tra due obiettivi incompatibili: mentre riduce la probabilità che la coalizione di Todde vinca le elezioni, aumenta quella che i 5s superino il Pd nella conta dei voti. Con Todde a capo della coalizione e Soru in campo, l’elettorato del Pd rimane diviso e disorientato, mentre quello dei 5s è si può compattare intorno alla miglior candidatura che il movimento potesse esprimere.
Conte dunque può vincere anche se perde: forse non governerà la Sardegna ma è probabile che riesca a ottenere un risultato prezioso per rilanciare la sua ambizione di avere nello scenario nazionale un centrosinistra a guida 5s.
In più, non sarà difficile per il 5s scaricare la responsabilità di una eventuale sconfitta alle regionali su un Pd diviso, incapace di mettere ordine al suo interno (questa l’avete già sentita, giusto?).
Ok, sono solo ipotesi. Non posso dimostrare niente. Ma almeno per me sono ipotesi rendono più comprensibile quel veto apparentemente irrazionale alle primarie.
E Elly Schlein, che invece rischia di perdere molto se non addirittura tutto? Per una volta forse è lei che non ha visto arrivare qualcuno: un alleato che oggi sembra più interessato a competere con il Pd che a consolidare una prospettiva comune.
(L’immagine che illustra l’articolo è stata generata con la collaborazione di Dall-E 3 di ChatGPT 4.)
La soluzione? Per me potrebbe essere esplicitare la propria adesione alle alleanze internazionali perché per me è chiaro per chi lavora il m5s e non è di sicuro il fronte democratico. A questo punto se perdere si deve, almeno farlo con onore esplicitando i propri principi democratici inseparabili sia nel campo dei diritti civili che sociali come fondamentali che non sono perseguiti negli ordinamenti ai quali i 5s ci vorrebbe "affidare".
E questo ragionamento poco visionario che rende la coalizione debole. Pensare che M5S e Pd siano concorrenti per l'eterno e che entrambi non possano mai incrementare insieme il proprio consenso con quasi la metà degli elettori astensionisti, va oltre il masochismo politico.
Pensare che si possa creare una coalizione di csx, alternativa a questa destra solo ed esclusivamente con il passaggio delle primarie mi sembra molto più limitante rispetto ad un accordo tra tutte le forze che ora rappresentano il campo largo.
Io che sono militante del PD non mi sono schierato a priori con un possibile candidato del mio partito ma anzi ho riconosciuto il nome di Alessandra Todde più interessante di alcuni nomi che il mio stesso partito faceva.
Come ho trovato la richiesta delle primarie divisiva, tardiva e personale.
A me le primarie piacerebbero addirittura fatte per legge ed in contemporanea nei vari schieramenti ma mi piacerebbe anche che non fossero alimentatrici di divisioni future, che non fossero "diavoline" per futuri incendi interni alla coalizione o nello stesso partito.
Quindi se un accordo si è trovato tra le varie sigle del campo largo ben venga.
E se questo accordo dopo mesi di discussione è stato benedetto a Roma ancora meglio. Non lo trovo uno scandalo. Mi sarei preoccupato del contrario se della Regione Sardegna non se ne fosse discusso minimamente.
Quindi ora cerchiamo di lavorare per una unità di intenti che non si tratta solo di vincere le elezioni ma di cercare di costruire qualcosa di unitario e saldo per il futuro e in tutto il paese.
Se pensiamo che il nostro futuro sia sempre quello di rubarci col vicino lo zerbino nel pianerottolo di casa per rendere la nostra casa più accogliente a discapito dell'altro, ci condanneremo a controllarci dallo spioncino.
Ma buttando via lo zerbino che ci divide a aprendo le porte potremmo dividerci i futuri ospiti.